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"A morsi leggeri e precisi, Via strappa lembi di cielo per farlo sanguinare e far piovere sulla terra qualche sprazzo di pioggia feroce. Ma il suo volo, per salire nello spazio e catturare parole, è da angelo che sa arridere anche quando ferisce. Quindi, avendolo da sempre letto con attenzione, vorrei suggerire di stare attenti ai morsi, che non sono da serpente nero ma, ripeto, da artista vigile che non si stanca di cercare e di assaltare, sapendo almeno quel che vuole; nella tensione di dare ordine al proprio rabbioso sgomento, e di non appagarsi di semplici soluzioni o di poche cauzioni. Gabriele scava induce rivolta ara il campo del mondo su cui noi arranchiamo; mantiene all'erta se stesso; tende anche a risvegliare dal sonno della ragione e riflessione gli altri camminatori. Ha una attenzione ubiqua, che gli propone e sottopone dettagli a non finire, che lui non cataloga ma seleziona esaltandoli, per esemplificare. L'induzione alla conclusione morale - una conclusione forte - a me sembra la costante privilegiata di questo suo violento e dolce raccontare che non ha fine. Non può avere fine. Non deve avere fine" (Roberto Roversi).